Joe, il parrucchiere
degli hair bond


L'idea originale dello storico parrucchiere di via Ghibellina per non soffocare di fronte alla crisi economica. La sua storia è un'odissea. Negli anni Ottanta parte per Londra, due anni come lavapiatti, poi cameriere in un ristorante giapponese. E infine l'arte dei capelli comincia a farsi strada

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Di nome fa Giuseppe, ma solo all’anagrafe, perché tutti lo conoscono come Joe, il cognome è Scollo e questo non può cambiare. Di origine siciliana, fosse nato nel risorgimento, probabilmente si sarebbe arruolato come garibaldino, in realtà nel suo piccolo è stato sempre un romantico rivoluzionario, un giramondo. Agli inizi degli ottanta parte per Londra, due anni come lavapiatti, poi cameriere in un ristorante giapponese, impara l’inglese, nella capitale britannica si ferma sei anni, la passione per i capelli inizia a farsi strada, frequenta la scuola di Vidal Sasson, il pioniere delle innovazioni dell’hair styling delle celebrità con il suo taglio a caschetto, sostenitore dell’emancipazione delle donne, non a caso era molto amico di Mary Quant, la stilista che ha ideato la minigonna, uno dei simboli della Swinging London. «Eppure, ricordo che prima di andarmene a Londra, venni a Firenze e pensai che mai sarei venuto qui a lavorare» racconta Joe.

Ma siccome il destino spesso decide più dei propositi, eccolo arrivare proprio a Firenze nel 1988, chiamato ad insegnare all’Armonia Hair Accademy, all’epoca una scuola di parrucchieri molto nota a livello nazionale. «Così a distanza di tanti anni, eccomi ancora qui». Ora gestisce un negozio in via Ghibellina, insieme a Francesco e Andrea, con sei dipendenti. Appena aperto, Hairforce, questo il nome del salone, dovette fare i conti con l’attentato alle Torri Gemelle, era il settembre 2001, fu uno shock. Adesso invece è l’emergenza Coronavirus a mettere tutti di fronte alla crisi. Sembra un’impresa ciclopica, però siccome tutte le grandi avventure iniziano con piccoli passi, in poche settimane i titolari del negozio sono riusciti in ciò che l’Unione Europea non riesce a fare, si sono inventati gli “Hairbond”, una sorta di buono spesa (anche da 100 o 200 euro, ma scontato) acquistato in anticipo dai clienti, per poi spenderlo quando riaprirà il negozio. «Lo abbiamo fatto per non perdere il filo e per mantenere la liquidità, sono già una cinquantina quelli che hanno pagato con l’hair bond” afferma Joe, “ricordo ancora cosa disse Enzo Tortora quando tornò a condurre Porto Bello, dopo le sue disavventure giudiziarie “Dunque, dove eravamo rimasti…” queste le sue parole, le ricordo bene».

«Ed è ciò che vogliamo dire a chi viene dai noi, il filo nonostante il lockdown non si è mai spezzato, vogliamo ripartire da dove ci eravamo fermati» aggiunge. Ogni giorno tira su il bandone del suo negozio, come se dovesse aspettare qualcuno, in realtà non entra nessuno, perché è vietato, ma come spiega «è un messaggio di speranza, con questo semplice atto vogliamo togliere qualsiasi barriera. Certo il contatto quotidiano con le persone mi manca, per chi fa il mio mestiere è ossigeno puro, mettere le mani nei capelli, prendere le forbici, tagliare, ascoltare le storie personali, condividere anche le preoccupazioni, i nostri clienti parlano e noi ascoltiamo. Ci piace vedere la faccia soddisfatta, le emozioni che si provano dopo aver cambiato colore ai capelli, o fatto un nuovo taglio» sintetizza il parrucchiere.

Nel suo atelier fa bella mostra di sé una grande foto con gli eroi della lotta antimafia: Caponnetto, Falcone e Borsellino, è una foto famosa, un simbolo per chi viene dalla Sicilia. Parrucchiere editore, tre anni fa insieme ai suoi soci ha pubblicato un libro dal titolo emblematico “Un diavolo per capelli” con tanto di Bobo in copertina, il personaggio simbolo di Sergio Staino, alle prese con il barbiere, la sua faccia perplessa, non si può dire la stessa cosa per i titolari di Hairforce, tutto il ricavato della vendita del libro, infatti, è poi andato alla Fondazione Tommasino Bacciotti. Storie di persone e di vissuto, racconti dal sapore psicologico sul rapporto che si ha con i propri capelli. Testa e pensieri, si rincorrono.

«Ora la nostra mente è focalizzata alla riapertura, perché prima o poi accadrà». In questi giorni si pensa a come e quando si potrà tornare a tagliare i capelli. «Tutto ciò che useremo sarà monouso, gli attrezzi del mestiere saranno ogni volta sterilizzati, ci saranno le mascherine, insomma dovremmo cambiare le nostre abitudini» spiega ancora. «Inoltre non ci sarà la possibilità di attendere il proprio turno nel negozio, lavoreremo su appuntamento e probabilmente modificheremo anche gli orari di apertura» aggiunge. La paura? «Dobbiamo ricominciare, con tutte le precauzioni del caso, ma dobbiamo ricominciare, è l’unico modo per vincerla. Tutti noi guardiamo ai medici, agli infermieri, immagino che anche loro abbiano paura. Però la vita deve continuare». L’auspicio è di riprendere presto le presentazioni di libri, gli incontri sulla storia dell’arte, nell’ultimo è stato protagonista l’ex direttore degli Uffizi, Antonio Natali, poi è arrivato il virus e non si è fatto più niente. Ma la voglia di ricominciare è forte. Il desiderio di cambiare trama a questo film dell’orrore con il Covid 19 c’è tutta. E non potrebbe che essere così per chi è nato a Monterosso Almo, nel ragusano. È qui che nel ottobre del 1994 Giuseppe Tornatore gira “L’uomo delle stelle” con Sergio Castellitto e Tiziana Lodato. Tre anni dopo il regista Maurizio Sciarra inizia le riprese del film “La stanza dello scirocco”, tratto dal romanzo omonimo di Domenico Campagna, con Giancarlo Giannini. Monterosso è stato set: “Fra due mondi” Michele Placido e Lorenzo Crespi; “Aula conciliare” spezzone di film del commissario Moltalbano; “Nuovomondo” di Emanuele Crialese; “L’ultimo dei corleonesi” Alberto Negrini; “Il capo dei capi” di Enzo Monteleone e Alexis Sweet; “Andiamo a quel paese” di Ficarra e Picone. Insomma per Joe Scollo il cinema è di casa. «Anche se il film più bello, sarà quando riusciremo finalmente a liberarci da questo virus». Il titolo è già pronto nella sua testa.

 

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