Federico e Marco benzinai da quando avevano 14 anni.
“Le prime mance per pagarci i biglietti in Fiesole”

Alle Due Strade c’è uno spaccato di tradizione che non muore, dove i clienti vengono a fare rifornimento anche soltanto per scambiare due chiacchiere. E loro due si fanno in quattro ogni volta lavano il vetro gratuitamente

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Dagli anni ’50 del secolo scorso, il benvenuto alle Due Strade a chi fa capolino dalla salita di Via Senese, lo danno una pasticceria e un distributore di benzina, come due amici cresciuti nello stesso quartiere, e Federico Valacchi lo sa bene: “Questo distributore di benzina c’è da sempre. Prima era Mobil, poi quarant’anni fa mio babbo Santi e Paolo Fibbi, il babbo del mio socio Marco, due operai delle Zanussi che ne sapevano di meccanica e volevano mettersi in proprio, senza pensarci due volte presero in gestione questa officina e il distributore, che da allora è Q8”.

“Noi siamo stati per moltissimo tempo “i figlioli di”, ora sono più di vent’anni che lavoriamo qua e siamo noi stessi i gestori, ma abbiamo iniziato quando avevamo 14 anni imparando il mestiere e tutto quello che sappiamo dal nostro operaio storico, Otello. Io facevo le stagioni estive al distributore per pagarmi i biglietti per lo stadio con le mance, da bravo malato di Fiorentina e di calcio. D’altronde erano i tempi della Rondinella Marzocco in Serie C, ed io giocavo nelle giovanili, ci conoscevamo tutti”.

Federico ricorda quei tempi con una punta di malinconia: “Il quartiere è cambiato molto, l’abbiamo visto con i nostri occhi. Lì c’era un videonoleggio, lì un ortolano, dove c’è lo studio medico c’era un mesticatore, e l’edicola con l’insegna lampeggiante. Era un rione, c’era coesione, ti fermavi da tutti a dire due bischerate e bastava entrare tre volte in un bar per essere chiamato per nome. Adesso i rapporti umani sono diversi, difficilmente vanno oltre il buongiorno e la buonasera. Infatti io vado sempre negli stessi posti, tipo da ì Brinde (Brindellone), dove so di trovare quella sensazione di conoscersi da sempre”.

Federico stoppa il suo racconto per correre alla pompa e servire i clienti, lavando il vetro di ogni macchina che si ferma a fare benzina, gratis, come usava una volta. Poi riprende sorridendo: “Questo lavoro ti deve piacere, altrimenti non lo fai. Può essere massacrante stare qui, ogni giorno, per 9 ore, con caldo, freddo, pioggia, e vento. Per lavorare sempre al pubblico ci vuole una pazienza mondiale, ognuno ha le sue manie, e oggi c’è anche il mitico “Ma io veramente ho letto su Google…”, sanno tutto loro! Però a me piace, non mi annoio mai, nel bene e nel male. Anche quando partono con la pompa di benzina attaccata sradicando ogni cosa, o quando il turista americano abituato al cambio automatico invece di andare in retro ti entra dritto in ufficio con la macchina! Mi metto qui e osservo, è uno spaccato di società completo, in fondo tutti hanno bisogno della benzina. Mi dispiace solo pensare che siamo gli ultimi veri benzinai, e che poi spariremo lasciando spazio al digitale e ad un’interazione più asciutta”.

Nonostante questo, Federico e Marco rimangono attaccati ai valori e agli insegnamenti dei loro genitori, ed il risultato è una fedelissima clientela fissa: “L’altro giorno è venuta a salutarmi una signora che stava per trasferirsi a Cambridge, solo per salutarmi. Qui i rapporti umani fanno da padroni, è un confessionale più che un benzinaio. Alcuni sono di qui, altri vengono da Campo di Marte o dalle Cure solo per parlare e farsi due risate. C’è il gioielliere, il figlio del farmacista, Gigi dello Scarabocchio, e tanti altri clienti storici. Per noi questo è l’importante. Sapere che chi serviamo da una vita viene qua per trovare un posto in cui si sente di casa”.

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