Alan, il cameriere di Cammillo va in pensione dopo 34 anni.
“Ho servito i Rolling Stones e i Red Hot Chilli Peppers”

La vita straordinaria dell’esuberante e simpatico Alan, vittima del disastro del Vajont e arrivato a Firenze per un forsennato amore per la città

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“Da ieri sono ufficialmente in pensione, gin tonic?” Alan ride in modo generoso e del tutto naturale, svelando da subito che quello è il modo in cui ha affrontato tutta la sua vita. “Io e la mia famiglia siamo dei sopravvissuti del disastro del Vajont. Vivevamo a Longarone, io sono nato lì, e una settimana prima della frana ci trasferimmo a Parigi. Fu surreale, perdemmo tutti i nostri familiari e conoscenti, ma fu anche un miracolo che ci diede la possibilità di ricominciare in Francia. Anche se non era facile trovare una stabilità, mio padre era capocantiere e ci spostavamo di continuo. Mi chiamavano lo zingaro!”.

Una famiglia unita da un evento tragico e straordinario, un mix di dialetto veneto, bergamasco, e francese, che di lì a poco avrebbe incrociato per sempre il suo destino con Firenze: “Negli anni ’60 mia sorella venne qui in vacanza e si innamorò di un fiorentino purosangue. Dieci anni dopo si sposarono, e quando venni per il loro matrimonio, guardandomi intorno, lascai il cuore in questa città. Iniziai a venire tutti gli anni, durante il liceo, per fare la stagione estiva nel ristorante di mio cognato. E, nonostante un incidente stradale a Parigi in cui prese fuoco la macchina bloccandomi su un letto di ospedale per dieci mesi, e alcune esperienze all’estero, tra cui l’opportunità di fare molti soldi negli Stati Uniti in una catena di gelaterie italiane, io sentivo che mi mancava l’Italia. Che questo sentimento era più forte dei soldi. E che il mio posto era Firenze”.

Alan sceglie di nuovo e per sempre Firenze, e una vita diversa: “Prima del periodo negli Stati Uniti, per 4 anni ero stato il proprietario di un piccolo Bar Tabacchi accanto a Rivoire, grazie a mio cognato, e mi era piaciuto moltissimo, ma lo dovetti vendere. Era una vita molto dura, divorziai, e stavo tutto il giorno fuori. Invece, quando tornai tutto era cambiato. Avevo trovato quella che ancora oggi è mia moglie, una fiorentina doc del Poggio Imperiale, e contro ogni aspettativa stava per arrivare il nostro primo figlio. Volevo uno stipendio sicuro e tranquillità, e il destino mi portò da Cammillo”.

La storica trattoria di Borgo San Jacopo è diventata la seconda famiglia di Alan, accogliendolo ancora ragazzo e vedendolo uscire dopo 34 anni di lavoro, gioie, dolori e clienti di ogni calibro: “Cammillo è una trattoria come ce ne sono poche, per questo chi entra nella sua squadra non se ne va più. Feci una prova di 3 giorni e venni preso grazie ad Arturo, con cui poi ho lavorato per trent’anni. Mi diceva sempre: “Alan, l’acqua del Vajont non t’ha voluto, il fuoco della macchina non t’ha voluto, ma chi t’ammazza!”. Abbiamo lavorato e riso tantissimo insieme, e questo soprattutto grazie all’ambiente creato da Chiara, la proprietaria di Cammillo”. L’ammirazione di Alan per le doti gestionali, culinarie e personali di Chiara non passa inosservata: “Piatti strani, tavolate difficili, abbinamenti. A volte le diciamo: “Chiara, ma sei sicura?” Ma lei le indovina tutte. Tra di noi c’è sempre stata piena fiducia, e io sono stato cameriere e responsabile vini con piena libertà. Da Cammillo i camerieri non sono porta-piatti, ma anima del ristorante insieme a tutto il resto. Io ci ho sempre messo passione e grandi sorrisi, i miei clienti dovevano uscire contenti, per questo venivano ad abbracciarmi e salutarmi come se fossi uno di loro. Non ho mai sentito il peso delle ore, perché portavo l’amore in tavola, anche ora a 67 anni, tornavo a casa alle 2 di notte tranquillo e beato. È un lavoro che bisogna saper fare, in fondo siamo percentualisti e dobbiamo saper vendere, capire ogni situazione, mettere a proprio agio qualsiasi tipo di cliente: due patatine? Un prosecchino? Come state oggi? Così ci guadagnano tutti”.

Grazie ad Arturo, chef Salvatore, Chiara e Francesco Masiero, tutto lo staff, e sicuramente Alan, Cammillo è diventato una vera icona fiorentina con clientela fissa tutto l’anno, dai nobili alle star di Hollywood, a chiunque si voglia sentire parte di un’atmosfera autentica, professionale e accogliente: “Chiara passa dalla cucina alla sala, racconta barzellette a tutti. La privacy dei clienti è sacra, io non ho mai chiesto una foto o un autografo, se i camerieri giovani lo volevano, prendevo un foglietto, facevo un frego e gli dicevo: tieni, te l’ha fatto. Per questo ci hanno sempre scelto, senza bisogno di trucchetti. Ho visto i Rolling Stones entrare dall’ingresso privato e Rockfeller festeggiare per due anni di fila il compleanno nella nostra sala, e poteva essere l’ultimo, erano i suoi 100! Il batterista dei Red Hot Chilli Peppers rimase così contento che chiese una foto, lui a me. Mia figlia ancora non ci crede! Mi sono divertito come un matto, e sono onorato di aver lavorato per 34 anni in un posto che ha saputo fare del sorriso la sua arma vincente”.

 

 

 

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