Volodymyr, il prete delle badanti ucraine
«Sono depresse, i loro figli in patria si sentono abbandonati»

Voloshyn è il sacerdote cattolico della chiesa dei Santi Simone e Giuda, dove sono tantissime le fedeli che fanno le assistenti domestiche: «Dopo vent’anni in Italia sono rimaste talmente lontano da casa che la famiglia li ha messe fuori dalla porta»

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Non hanno un sogno da esaudire, un progetto da realizzare, una gioia da condividere. Niente. Non hanno niente le nostre badanti ucraine. “Sindrome Italia”, la chiamano gli analisti: depressione, ansia, apatia, insonnia, tristezza, voglia di piangere. Voglia di fuggire. Ma talvolta sono “in trappola”, nella casa di un’anziana che conoscono a malapena. Giorni tutti uguali, lontano dai figli che non le riconoscono più come madri. Lontano dai mariti che hanno trovato altre fidanzate. E allora pregano. “Vivono in attesa della domenica, il giorno in cui arrivano da me per sfogarsi, per confessarsi, per piangere, per pregare insieme, per trovare qualcuno che li ascolti”. Non c’è più nessuno che le ascolta. Nessuno tranne lui, Volodymyr Voloshyn, il prete delle badanti, parroco della comunità greco-cattolica ucraina, che si riunisce la domenica nella chiesa di Santi Simone e Giuda, in via dei Lavatoi, quartiere di Santa Croce.

“E’ l’unico momento della settimana che, per queste donne, vale la pena vivere. Vengono alla chiesa e si ritrovano, sfogano reciprocamente i loro problemi, passano qualche ora insieme”.
C’è un nuovo fenomeno tra le badanti ucraine over 60. “Dopo vent’anni in Italia – racconta Volodymyr – sono rimaste talmente lontano da casa che la famiglia li ha messe fuori dalla porta. Loro hanno dato tutto per i figli, ma i figli talvolta non le riconsocono più. Quando tornano, le trattano quasi come sconosciute”. Non sono poche le badanti che vivono questa condizione. “Per non parlare dei mariti – dice il sacerdote – Alcuni di loro sono stanchi di aspettare il ritorno della moglie in patria, e quindi si sono trovati nuove compagne”. Un destino atroce, per queste donne che hanno fatto tutto per la famiglia. E che si ritrovano una porta sbattuta in faccia. “Queste donne si sentono terribilmente sole, e non trovano sfogo ai loro traumi, si tengono tutto dentro, la loro unica compagnia è un’anziana italiana, che però è malata e non può relazionarsi”. Non è facile, per Volodymyr, offrire i consigli giusti. “Ho urgente bisogno di uno psicologo che mi sappia consigliare su come approcciarmi a queste donne. Loro rifiutano di andare dall’analista, anche perché sarebbe un costo, e l’unica persona che può aiutarle sono io”.
E’ stato 17 anni fa che Volodymyr ha scelto di diventare la guida spirituale della comunità, di raccogliere, ascoltare e consolare tristezze e sacrifici delle tante donne che hanno avuto il coraggio di trasferirsi da sole a Firenze, impegnate a seguire e prendersi cura dei nostri vecchi.

“Quando decisi di trasferirmi a Firenze, da Roma, per seguire questa comunità che aveva bisogno di un sacerdote avevo tre sogni, desideri molto pratici che oggi abbiamo esaudito: un luogo per la preghiera, una sala per gli incontri e una casa per il parroco che fosse vicina alla chiesa e fosse un punto di riferimento per tutta la comunità. Siamo andati oltre”. Padre Volodymyr si alza e va a indicare l’icona più a destra, è raffigurato San Michele, sopra al quale ci sono i santi Simone e Giuda, “i patroni di questa chiesa fiorentina e il patrono della nostra comunità insieme, il simbolo di un’unione ormai stabile. Questa iconostasi è stata finanziata dalla comunità con una colletta, volevamo lasciare un dono a questa bella chiesa del XII secolo che ci aveva ospitato. Poi invece siamo rimasti, ci siamo impegnati a prenderci cura di questo luogo e siamo contenti di poter parlare di un futuro della comunità ucraina-fiorentina”. Un futuro che padre Volodymyr sa già che richiederà di affrontare continue sfide: “Ad esempio sul Natale, che noi festeggiamo il 7 gennaio, per le famiglie della nostra comunità sarebbe meglio festeggiarlo il 25 dicembre, ma non tutti sono d’accordo. Qualcuno ha proposto di celebrare la messa in italiano per condividere la nostra cultura, l’eredità della chiesa di rito bizantino, con i fiorentini”.
Nel frattempo, continua a celebrare messa e consolare le badanti. “Queste signore fanno un lavoro estremamente difficile, la gente non lo capisce, vivono grandi traumi psicologici”. Ma Volodymyr, per natura, continua a guardare al futuro con pazienza e serenità. E dice: “I nostri santi Simone e Giuda vegliano sulle nostre badanti. E sugli anziani di Firenze”.

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