Kristhel, dalla Colombia a Firenze per fare arte.
«Non c’è un altro posto così, resto a vivere qui»

Il sogno della giovane colombiana: “Voglio provare ad affermarmi come artista. Firenze può essere il posto ideale. La gente ci mette di più a darti confidenza rispetto a Barranquilla, ma poi si lascia conquistare. Ogni cosa qui è elevata a forma d’arte. Entri in un qualsiasi palazzo e il soffitto è punteggiato di affreschi”

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Ci sono volte in cui i mondi che attraversi sono così differenti che ti chiedi se riuscirai mai ad ambientarti. La vita se ne frega della tranquillità apparente e ti propone sfide a getto continuo. Alcune riesci a programmarle. Altre devi semplicemente prenderle come viene. Kristhel Jimenez, colombiana di nascita ma ormai fiorentina d’adozione, ne sa qualcosa.

“A Barranquilla vivevo affacciata sull’Atlantico. C’è quasi sempre una luce color pesca che cade sulle vetrate di casa, quando viene sera. Quel vento che abbiamo lì, nella parte più costiera della Colombia, ti infonde quasi tenerezza: non riesce a far freddo. Com’è diverso qua, a Firenze. Posso percepire l’alternarsi delle stagioni. Ascolto il tempo che scorre e io che cambio con lui. Kristhel Jimenez – perché mi chiamo così – evolve ogni giorno. Non mi era mai successo prima. Sono cresciuta immersa nei colori, perché lì ospitiamo il secondo carnevale più importante al mondo. Il caldo e la musica erompono placidi per le strade e contagiano le persone. Papà lo chiamano El Gringo, perché ha nonni italiani: lui mi ha passato una certa vena creativa. Mamma invece è la colombiana per eccellenza: bassina, capelli scuri, incarnato olivastro. Insomma, una morena. Da lei ho ereditato un discreto acume e tonnellate d’empatia. Ho vissuto per un po’ anche nell’interno, a Bogotà, ma non mi ha circondato il cuore: fredda e caotica. Non faceva per me. Perché la Colombia è così: si nutre di eccessi. Qui invece sembra tutto più misurato”.

“Qui”, appunto, è l’Europa. La visione è lucida, priva di eccessivi tentennamenti. Sì, lasciare le proprie radici e gli affetti non è mai una missione che puoi compiere con disinvoltura. Però il cambiamento è evoluzione, qualunque declinazione assuma. Ha un sapore diverso e irresistibile. Va addentato, appena ne hai l’occasione. “Un giorno ho deciso che volevo studiare architettura e qualche anno dopo eccomi a Siviglia. L’Europa poteva offrirmi una prospettiva inedita. L’Andalusia è un balsamo per gli occhi, ma lì capisco che la strada è sbagliata. Serve una deviazione. La chiave mugola nella toppa. Eccomi a Firenze, per studiare disegno industriale. La vita affonda i passi verso quel che deve essere. Mi infilo in strada e piazzo conoscenze ovunque. Papà – babbo, come dite qui – ha sempre fatto il pubblicitario. I miei nonni anche. Sono cresciuta in un mondo che comunicava ancora offline. A Firenze riciclo il valore antico dei gesti e tutto quel che ho appreso: mi metto a fare la copywriter freelance, ma non mi basta. Forse è perché dicono che la Colombia sia la patria del realismo magico: se è davvero così, credo di esserne imbevuta per almeno due terzi. Avverto l’urgenza di modellare i miei sogni e intendo dissipare ogni dubbio: voglio provare ad affermarmi come artista. Firenze può essere il posto ideale. La gente ci mette di più a darti confidenza rispetto a Barranquilla, ma poi si lascia conquistare. Ogni cosa qui è elevata a forma d’arte. Entri in un qualsiasi palazzo e il soffitto è punteggiato di affreschi. L’architettura è superba. Il cibo una fede che imprime sensazioni mistiche ad ogni morso. La città me la sto scolando tutta, facendo quello che amo: creo oggetti plasmando la ceramica, poso in due delle maggiori scuole di belle arti e mi presto anche come fotomodella. Declinazioni differenti della medesima necessità espressiva. Un giorno vorrei arrivare al pubblico  mischiando materiali inediti alla scultura e alla pittura. In Colombia c’è una sensibilità spiccata per questo genere di cose, ma uscire alla distanza è più difficile. Qui sento di potercela fare. Firenze è una finestra affacciata sull’Europa. Ha uno sguardo lungo, ma sa come farti rimanere. La Colombia resta un luogo più ispirante, perché il frenetico caos delle grandi città offre contaminazioni autentiche. Ma qui posso flettere il tempo, diluire i pensieri e trasformarli in materia. Sì: questa città dai ritmi più lenti e dalla storia profonda è l’habitat perfetto per coltivare i miei sogni”.

 

 

 

 

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