«Io, cuoco in cassa integrazione
vado alla Caritas per sopravvivere»

Alessandro ha 22 anni, è fiorentino di madre polacca, lavorava come lavapiatti e aiuto cuoco in un ristorante di Fiesole, ma con l’arrivo della pandemia il ristorante fa soltanto asporto e di lui non ha più bisogno. Prima guadagnava 1.100 euro al mese, adesso è in cassa integrazione e ne guadagna 800. Ma 700 euro gli vanno via per pagare l’affitto

Condividi questa storia su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp

«Ogni giovedì vado alla Caritas di via Gioberti e prendo un pacco pieno di riso, pasta, latte, biscotti, zucchero e tanto altro. Grazie a quel pacco, io e la mia fidanzata andiamo avanti a mangiare per tutta la settimana e non facciamo praticamente mai la spesa al supermercato. Se mi vergogno ad andare alla Caritas? No, assolutamente, in questo periodo se c’è qualcuno che può darmi una mano io gli dico soltanto grazie. E dico a tutti i miei amici che si trovano nella mia stessa situazione di non indugiare: andate alla Caritas punto e basta, non c’è niente di cui vergognarsi».

Alessandro ha 22 anni, è fiorentino di madre polacca, lavorava come lavapiatti e aiuto cuoco in un ristorante di Fiesole, ma con l’arrivo della pandemia il ristorante fa soltanto asporto e di lui non ha più bisogno. Prima guadagnava 1.100 euro al mese, adesso è in cassa integrazione e ne guadagna 800. Ma 700 euro gli vanno via per pagare l’affitto, quindi ogni mese gli avanzano soltanto 100 euro. «E con 100 euro al mese, se non vai alla Caritas, non ci sono altri modi per sopravvivere”. Lui ci va tutti i giovedì mattina. “Sono entrato in contatto con i servizi sociali della Caritas grazie alla zia della mia compagna, che lavora proprio in una struttura».

Lui è convinto: «Non si deve provare alcuna umiliazione ad andare alla Caritas. So che molti preferiscono non andare perché si vergognano, ma non c’è niente di male, io sono cresciuto per alcuni anni in Polonia, so cosa significa la povertà, già quando avevo 12 anni mi è capitato di andare ai centri Caritas per mangiare, all’inizio da bambino un po’ mi vergognavo di fronte ai miei amici, poi è diventato tutto normale, e adesso con questa pandemia che spezza la vita delle persone, lo è ancora di più». Adesso, con le riaperture, anche Alessandro spera di tornare al lavoro, così la sua vita potrà tornare alla normalità.

Condividi questa storia su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp

Rimani Aggiornato