Alessandro, il vigile
che controlla
chi passeggia

In questi giorni di emergenza, il suo lavoro è completamente cambiato. «È strano chiedere alle persone l'autocertificazione». Ha paura di venire contagiato: «Temo per la mia famiglia. Mia moglie è incinta e abbiamo una bimba di 4 anni. Ogni volta che torno a casa non mi faccio toccare finchè non mi sono lavato mani e viso e mi sono cambiato»

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Alessandro fa l’agente di Polizia Municipale. In questi giorni difficili lavora affinché le regole per la salute di tutti vengano rispettate. «Ho paura non per me stesso, ma per la mia famiglia. Mia moglie è incinta e abbiamo una bimba di quattro anni. Sto facendo il mio dovere volentieri, ma il pensiero è sempre rivolto a loro. Ogni volta che torno a casa non mi faccio toccare finché non mi sono lavato mani e viso e mi sono cambiato».

Alessandro si è imbattuto in questo mestiere un po’ per caso. Si è laureato in scienze politiche e poi ha deciso di partecipare al concorso per entrare nella Polizia Municipale. «Non immaginavo di fare questo lavoro prima. Ho sempre avuto un punto interrogativo davanti, non riuscivo a trovare qualcosa che mi appassionasse veramente tanto. Poi mi sono trovato a un bivio della vita, a un’età in cui o fai una scelta o altrimenti i treni iniziano a passare sempre meno». È stato in quel momento che ha avuto la possibilità di fare i concorsi, e così è riuscito a entrare in Polizia Municipale. «È un lavoro che ho imparato ad amare. Se tornassi indietro comincerei a farlo prima, perché è un lavoro che mi piace, non solo perché metto in pratica materie che mi sono piaciute all’università, ma anche perché è stimolante, sempre in continuo aggiornamento: bisogna essere sempre al passo con le nuove leggi. Mi piace che sia un lavoro in cui si tutela il bene comune, questo mi dà soddisfazione».

Soprattutto in questa situazione di emergenza, questa soddisfazione è tangibile, ma porta con sé non poche preoccupazioni. «In questo momento sto facendo qualcosa che è utile per tutti, anche se per farlo metto a rischio non solo la mia incolumità, ma anche quella dei miei cari. Tra colleghi cerchiamo di tenere alto il morale. Sappiamo però che quando usciamo dobbiamo stare attenti. La situazione è seria e bisogna dargli il rispetto che merita». Una situazione difficile, per tutti: per chi ha figli, per le scuole, per i negozianti, per i lavoratori. «Personalmente, il mio stress è psicologico, ho paura di diventare l’untore della mia famiglia. A causa della stanchezza non è facile dare tutte le attenzioni a mia moglie e a mia figlia».

Alessandro esce per andare a lavorare, e questo gli permette di osservare la città e il comportamento delle persone. Si è dovuto adattare alla nuova situazione, ai controlli e alle nuove norme. «Durante i primi giorni del decreto mi impressionavo di fronte a una Firenze così deserta, di fronte ai viali vuoti. Di auto e persone per strada se ne vedevano poche, per lo più gente che andava a lavoro o a fare la spesa, qualcuno che correva, che portava fuori il cane. Chiedere l’autocertificazione mi faceva strano, è strano chiedere alla gente dove sta andando, è una cosa inusuale, ma devo farlo per un giusto motivo». Si è accorto presto però che la gravità del momento non è percepita da tutti in egual modo. “Prima ero convinto che la gente rispettasse le regole con serietà, ma forse il mio giudizio era affrettato: lo dimostra l’ordinanza di chiusura delle Cascine voluta dal sindaco».

Spesso le persone non hanno molto chiaro quello che si può o non si può fare, a causa delle tante fake news e delle diverse informazioni che girano su internet. «Molti pensano che basti un foglio di giustificazione per uscire, invece occorre un giustificato motivo. Altri invece si avvicinano di propria iniziativa per esporci il motivo della loro uscita, per mostrarci le buste della spesa o le ricette mediche». Alessandro non controlla solo le persone, ma anche i negozi. «Le persone in fila devono stare lontane l’una dall’altra. Per quello che ho visto io, questa regola è rispettata abbondantemente: a volte le file sembrano più lunghe di quello che sono perché la gente sta distante anche 5 metri l’una dall’altra: questa è una cosa buona, perché più distanti stiamo meglio è».

Ci sono persone che prendono la situazione con serietà e seguono il monito di stare a casa il più possibile e persone che invece stanno vivendo il momento con troppa leggerezza. «Durante un controllo uninfermiera che smontava dal turno diretta a casa, ha detto che sarebbe importante che la tv mostrasse le immagini dei ricoverati in ospedale per sensibilizzare tutti quelli che ancora non si sono resi conto di quello che sta accadendo». È fondamentale che ognuno faccia la sua parte, stando a casa il più possibile. «Anche se è consentito, se tutti andassero a correre ci sarebbero le strade piene. Bisogna stare a casa per non complicare la situazione. Sta al buon senso delle persone, indipendentemente da cosa si può o non si può fare».

 

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