Sauro, l’ultimo pescivendolo di Firenze
«Porto il mare sotto Palazzo Vecchio»

Con la sua “Tirrena” in via dei Cerchi, dove sono poche le botteghe sopravvissute, gestisce l’ultima pescheria del centro con la passione e il sapere ereditati dal padre, pescivendolo in San Lorenzo fin dagli anni Sessanta

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«Sono lì, tra i fiorentini che tengono duro, che amano Firenze e continuano a crederci». Quella di Sauro Bartoli è una vita dedicata al suo lavoro, alla storia della sua famiglia e a una città di artigiani e botteghe che racconta con la voce di chi ama incondizionatamente. Con la sua “Tirrena”, stretta tra i vicoli da cartolina all’ombra della torre di Palazzo Vecchio, dove sono poche le botteghe sopravvissute, Sauro gestisce l’ultima pescheria del centro con la passione e il sapere ereditati dal padre, pesciaiolo in San Lorenzo fin dagli anni Sessanta. «Io e i miei fratelli siamo nati e cresciuti in Borgo Allegri ma fin da piccoli, dopo scuola, andavamo in bottega da mio padre».

Ed è allora, in quei pomeriggi di infanzia, che inizia la storia dell’ultimo pesciaiolo di Firenze: «Da bambini eravamo contentissimi di andare a trovare nostro padre in negozio, vedere le persone venire ed andare. Per noi era tutto un gioco. La bottega, il banco del pesce, le estati passate a dare una mano, è così che ho iniziato a guardare, a incuriosirmi, a rubare il mestiere a mio babbo». Sono gli anni della gioventù e della scoperta del centro, «di un’altra città», dice lui. Un periodo che Sauro racconta con la nostalgia di chi oggi prova a conservare lo spirito di quella Firenze. Quella città legata indissolubilmente alla sua famiglia e che Sauro girava seduto “a cassetta” sulla carrozza n° 20 del nonno fiaccheraio: «Umberto Bartoli, così chiamato perché nato il 15 settembre 1904, lo stesso giorno di Re Umberto II. Chissà, magari l’anagrafe offrì qualche moneta per dargli quel nome», dice scherzando.

«Quando non ero in pescheria ero sempre in carrozza. Partivamo dalla Loggia dei Lanzi e giravamo tutto il centro. Era un’avventura e un divertimento continuo». Così, cresciuto tra le botteghe del centro e i clienti del padre, Sauro continua a coltivare la passione, alternando il lavoro nella bottega di famiglia a quello per un grande grossista del settore. Poi, nel 1994, il grande passo: «Ormai conoscevo tutti in questo ambiente. Tra pesciaioli è così, ci supportiamo e si è un po’ tutti amici. Volevo qualcosa di veramente mio e appena si è presentata l’occasione ho comprato la pescheria da un amico».

La “Tirrena” apre i battenti il 1° settembre 1994 e da allora Sauro porta ogni giorno il mare nel cuore di Firenze: «Questo è un mestiere bellissimo ma è un mestiere duro, non ti puoi improvvisare pesciaiolo». La giornata, spiega con voce convinta, inizia presto: «Si parte ogni giorno alle 4:30 di mattina per la selezione del pesce al mercato, poi si arriva in bottega a preparare il banco del giorno e le ordinazioni, cercando di accontentare i gusti di clienti e proporre sempre anche nuove varietà». In testa, sempre e solo i propri clienti e la voglia di innovare, migliorarsi e tenere fede alla tradizione: «Per una bottega come la nostra, ogni cliente è un mondo a parte. Credono in noi e noi crediamo in loro. Il rapporto è stretto e di molti di loro sappiamo tutto, a partire da cosa vogliono».

Una vita di lavoro e sacrificio, condivisa e sostenuta dalla forza degli affetti più cari: «Fin dagli inizi, quando abbiamo aperto, mia moglie Stefania è stata fondamentale. Mi ha sempre affiancato e spronato nei momenti di stanchezza. È anche grazie a lei se ho sempre creduto in questo lavoro e in questo negozio». Una storia di bottega lunga ormai ventisette anni, nei quali, Sauro racconta con orgoglio, non sono mancati clienti celebri e un particolare legame con gli allenatori della Fiorentina: «Abbiamo avuto Ranieri, che passava sempre il giovedì sera e poi Trapattoni con la moglie, appassionati di acciughe e pesce azzurro ma soprattutto persone cordiali ed alla mano». Ancora oggi «i giocatori della Fiorentina e le loro famiglie passano da noi perché vogliono vivere la qualità e l’atmosfera della vecchia Firenze». Un’atmosfera che Sauro è riuscito a tener viva anche durante la pandemia: «Ci abbiamo provato con ogni mezzo e alla fine ce l’abbiamo fatta». Improbabili consegne a domicilio, telefonate continue, ordinazioni impreviste, tutto possibile perché: «quello con i nostri clienti è un continuo scambio di fiducia e disponibilità. Ci sono stati sostegno e rispetto reciproco e siamo orgogliosi di aver portato la felicità nelle loro case durante un periodo buio». Per Sauro, a 57 anni, un presente di ripartenza e la voglia di continuare a fare quel che ama: «Futuro? Odio l’idea di andare in pensione. Io amo ciò che faccio, qui è casa mia e sto bene, ma indo vo’?». Per la sua Firenze, invece, una speranza piena di amore: «Spero che riaprano attività intonate alla città ed al suo spirito artigiano e che qualcuno torni a vivere il nostro centro. I fiorentini devono avere coraggio».

 

 

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