Miria, mamma a 18 anni.
«Mi dicevano di abortire, oggi Lory è la mia poesia»

Miria ha scritto un libro intimo sulla sua storia: “Tutti, chi più o meno celatamente, avrebbero preferito l’aborto, ma io sono andata avanti e oggi ho scritto queste pagine. A mia figlia non avevo mai raccontato tutto quello che era successo nei minimi dettagli, e ho sentito il bisogno di doverlo rivelare, a lei come a chi mi conosce, e a chi mi vuole leggere”

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“Non sarà semplice per me farti comprendere, non sono riuscita con nessuno a spiegare di come sei apparsa nel mio cuore già prima che ti conoscessi come un sentimento più che come un’idea o un desiderio. (…) Tu sei nata un bel giorno senza che lo volessi o lo avessi cercato. Tu sei nata dai miei sogni. Non vedo l’ora di raccontartelo perché tu sì che mi capirai. Già non vedo l’ora che tu mi chiami mamma. Giorno per giorno crescerai. Dicono tutti che quando si ha un figlio il tempo inizia a correre ancora più in fretta. Tu però cerca di non farlo troppo velocemente. In ogni caso, aspettami. Dovremo camminare insieme se ce la vogliamo fare”.
Finisce così il libro che Miria ha dedicato a sua figlia, nata a gennaio del 1978, quando Miria aveva solo diciotto anni. “La bambina nata dai sogni” è una raccolta di diari scritti durante la gravidanza. Parole dolci e malinconiche che ricordano mesi sofferti ma anche il desiderio fortissimo di dare alla luce un’anima che aveva preannunciato la sua esistenza.

“È apparsa dentro di me, nei miei sogni a occhi aperti. Sentivo di dover fare questa cosa, di dover dare Vita”. Quando è rimasta incinta, racconta Miria, lo sapeva già: “Era come vedere un film già visto. Tutto era accaduto dentro di me prima che io lo vivessi davvero”. Miria la voleva, la sentiva parte di sé, era come un compito che sentiva di dover svolgere. Un compito più difficile di quelli che aveva svolto a scuola fino ad allora. Ma l’istinto materno, ci insegna Miria, si sviluppa naturalmente: “Non avevo esperienza, non sapevo come affrontare i passi della gravidanza ma il mio desiderio era talmente forte che sono riuscita a superare tutto. E poi, quando l’ho stretta fra le braccia, ho scoperto un mondo nuovo. Eravamo finalmente in due”.

Miria non aveva il supporto di nessuno. “Tutti, chi più o meno celatamente, avrebbero preferito l’aborto”. La legge 194 che permette l’interruzione di gravidanza era entrata in vigore solo un anno dopo. La via alternativa da intraprendere era illegale e complessa. Miria racconta di come una persona a lei cara, di forte credo religioso, avesse provato anche lei a convincerla a prendere un’altra strada. Miria, ad ogni modo, non ne voleva sapere. Ai cinque mesi di gravidanza poi, racconta, è stata scelta la via del matrimonio: “È stata come una risoluzione a un problema. Tutti si sono acquietati una volta sposata. Non era quello che volevo, ma era un passo avanti verso la mia vita con lei, la mia bambina”.

Il libro di Miria racconta le difficoltà, i sacrifici di una diciottenne che sceglie di essere mamma. Le problematiche dal punto di vista sanitario, il mancato supporto. La rinuncia del percorso universitario, di un progetto di vita che ancora doveva prendere forma e che si è trasformato, per Miria, in una vita nuova. “È una storia come tante altre”, dice Miria. “Non sono di certo la prima o l’unica rimasta incinta a diciotto anni. Mi sono trovata di fronte a una scelta. Io sapevo bene cosa volevo ma mi rendo conto che qualcuna possa voler intraprendere un percorso diverso, soprattutto oggi che, per fortuna, i tempi sono cambiati”. Miria ha sempre scritto, “è il mio mezzo di comunicazione”, racconta. Per comunicare con suo padre scriveva bigliettini che poi riponeva silenziosamente sotto al suo cuscino, come un dono da scoprire. Scrive poesie. Il libro si conclude con una poesia molto intima che Miria dedica a sua figlia e che si intitola “È nata”.

Ha scelto di scrivere questo libro, trascrivendo parola per parola i diari di quella parte della sua vita, perché le sono capitate tra le mani proprio quelle stesse pagine che le avevano fatto da sfogo e da scrigno durante i suoi diciotto anni. “Volevo scrivere un racconto ed è riapparso questo diario”, racconta, “proprio quando ho sentito nuovamente la necessità di scrivere. Mi sono detta, perché inventare quando ho già del materiale per poter scrivere un libro? A mia figlia non avevo mai raccontato tutto quello che era successo nei minimi dettagli, e ho sentito il bisogno di doverlo rivelare, a lei come a chi mi conosce, e a chi mi vuole leggere”.

 

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