Il fioraio Adamo e il lockdown «Ho regalato fiori a tutti»

Ha ereditato l’attività dalla nonna. Quando era ancora in culla sua madre lo portava in negozio. Ha cominciato a lavorare a 19 anni. «Per me la bottega è casa, quando il decreto mi ha fatto chiudere ho pianto, i fiori sono la mia passione»

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«Regalatevi un fiore. Un piccolo gesto per regalarvi un sorriso. Prendete liberamente questi fiori. Un mio personale omaggio, Adamo». Un cartello appeso alla vetrina, e sotto, vasi pieni di fiori colorati. Rose, tulipani, garofani e tanto altro.
Il cartello è apparso poco dopo la chiusura per l’emergenza coronavirus. «Dovevo andare a chiudere il negozio e innaffiare, avevo dei fiori rimasti in negozio, nella cella frigo. Vicino al mio negozio ci sono un alimentari e una farmacia, e ho visto che c’erano delle persone in coda. E così mi è venuta l’idea di regalare fiori alle persone che aspettavano il loro turno. L’ho fatto in maniera spontanea. Mi ha fatto piacere vedere la bella reazione della gente a questo gesto».

Il negozio di Adamo è un negozio di paese, uno di quei negozi dove spesso le persone entrano più per fare due chiacchiere che per comprare un fiore. «Più che negozio mi piace chiamarlo bottega, perché è quello che è: una bottega vecchio stile, dove si crea un bel rapporto con la gente. Ci si conosce tutti».
Dopo il decreto del 10 marzo, come tanti altri commercianti, Adamo ha dovuto chiudere il negozio. All’inizio ha potuto però continuare a lavorare, consegnando fiori a domicilio. Poi con il blocco totale ha dovuto smettere anche quello. «Vedere il negozio chiuso è una sofferenza. Chiudere è stato traumatico. Non dormivo la notte se sapevo che il giorno dopo non mi sarei alzato per andare in negozio. Ho pianto. Non tanto per i soldi, ma perché sentivo proprio la mancanza dello stare in negozio, tra quelle quattro mura, l’incontrare i clienti, le chiacchiere con loro. Chi lavora in una bottega come me sa che al negozio si dedica tutta la giornata. Per me è casa».

Adamo lavora in negozio da quando aveva 19 anni, ma più che lavorarci ci è nato. «Lo gestiva la mia mamma e noi abitavamo sopra il negozio. Quando ero piccolo lei mi teneva in culla in negozio mentre lavorava». Lavorare in mezzo ai fiori è una tradizione che va avanti dagli anni ’50 nella sua famiglia. Il negozio si chiama Cesarfiori «perché mia nonna, mamma di mio babbo, si chiamava Cesari Attilia. È lei che ha aperto il negozio, che allora si chiamava Fiori Cesari, una settantina di anni fa. Poi il negozio è stato preso da mia zia, poi da mia mamma e infine da me. Ho voluto lasciare il nome così».
Fare il fioraio è il mestiere che Adamo ha nel sangue, per questo gli piace. «Ho studiato agraria e poi mi son messo in negozio subito. La cosa che più mi piace del mio lavoro è che serve un po’ di lato artistico, di creatività, e tanto amore per le piante e per la natura. E poi c’è il contatto con i clienti, è bellissimo e dà grandi soddisfazioni».
Fare il fioraio da lavoro è diventato una passione. Adamo fa anche l’insegnante: «Faccio corsi di base ai fioristi per fargli imparare il mestiere. Quando ero più giovane ho anche partecipato a diversi concorsi. Sono anche stato a Sanremo per tre anni per il Festival dei fiori, un concorso europeo per le scuole che si teneva prima del festival della canzone».

Da qualche tempo ha potuto iniziare di nuovo a fare consegne a domicilio, grazie a un ulteriore decreto che ha sbloccato il settore florovivaistico. «Mi ha fatto bene tornare a lavorare, perché ce n’è bisogno, ma anche perché adesso posso andare a letto sapendo che il giorno dopo c’è qualcosa da fare. La gente mi chiama per ricevere i fiori e le piante a casa e sono contento di portargliele, lo faccio volentieri, ovviamente con tutte le dovute precauzioni e rispettando le regole, quindi sempre con mascherina e guanti». Un segnale di rinascita, di primavera. Come i fiori che continuano a sbocciare. «Anche se il negozio è ancora chiuso, piano piano si riprende l’attività. E speriamo che presto si possa riaprire».

 

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