Passando dalla Certosa, è impossibile non fare caso al banco di Valerio Lo Buono (e mamma Serafina): grossi cocomeri freschi e colorati che urlano estate, e il tempo che si ferma con la radio in sottofondo. Un vero e proprio cocomeraio: “A sedici anni ho smesso di studiare, sono andato a fare il militare e quando sono tornato ho iniziato subito a lavorare come cocomeraio col mio babbo”. La loro è un’attività familiare che li ha tenuti uniti: “Io sono nato in mezzo ai cocomeri, negli anni Sessanta. Mio babbo ha cominciato da giovane in Via Pagnini, allo Statuto, aveva un’ape come banco dei cocomeri. Poi un’anziana signora che già li vendeva in Via di Novoli, gli cedette il posto. E così da quando non c’era ancora il palazzo della Regione, noi eravamo lì con i cocomeri”.
Nel 2008 arrivano i lavori della tramvia e Valerio si ritrova a vendere il chiosco: “Pensavo di cambiare, di prendere un alimentari, ma mi hanno proposto la gestione di questo cocomeraio storico alla Certosa e l’ho preso per continuare la nostra attività di famiglia; questo banco è qui da almeno cinquant’anni, mia mamma si è sposata nel ‘75 e mi ha battezzato qui davanti al vecchio Zei, e già si vendeva frutta”.
Negli ultimi cinquant’anni la storia dei cocomerai è cambiata drasticamente: “Cinquant’anni fa se ne vedevano tanti, ora è un mestiere che non vuole fare più nessuno. Il mio banco e quello della passerella alle Cascine sono gli ultimi due veri cocomerai che lo servono a fette. I giovani di oggi non li fanno più questi lavori, è una vitaccia. Le mie estati le ho sempre passate dietro questo bancone dormendo tre ore a notte. Da maggio a settembre chiudo a mezzanotte, vado a casa a riportare mia mamma che a settant’anni è ancora tutti i giorni qui con me, mi faccio una doccia e all’una e mezzo vado al mercato di Novoli a ordinare i miei cocomeri mantovani. Dopo tre ore, riinizio a lavorare”.
Ciò nonostante, fermandosi da Valerio, si percepisce la passione e la naturalezza che mette nel suo lavoro e nel rapporto con la sua clientela: “Io mi diverto, passo qui le mie giornate, ho fatto tanti amici. Ci sono persone che vengono qui dal 2008. Anche i turisti del campeggio internazionale qui accanto si fermano per un buon cocomero fresco. Questa è la mia vita per cinque mesi l’anno e non la saprei immaginare diversamente: all’ombra della Certosa, tra cocomeri di 12-24kg, con il mestiere che i miei genitori mi hanno insegnato e tramandato”.