Giulia, il vuoto dopo la morte improvvisa del compagno.
“Mio figlio e i viaggi mi hanno salvata”

Un giorno era tutto intero. Il giorno dopo, no. Giulia ha 47 anni, vive a Pozzolatico con suo figlio Vittorio, dodici anni, e Gilda, un cane che chiede coccole ma restituisce un amore infinito. Da quando Enrico non c’è più, camminano insieme in una vita nuova, fatta di dolore, radici e viaggi.

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Pozzolatico, le colline sopra Firenze. Una casa in campagna che dovrebbe proteggere, e a volte pesa. Qui Giulia vive con Vittorio e con Gilda, presenza importante per entrambi, compagna di passeggiate e di giornate condivise. “La rete sociale è un valore, certo. Ma alla fine la forza deve venire da te. Nessuno ti salva al posto tuo.”

Prima c’era Enrico Lanari. Non solo producer televisivo, non solo regista di filmati per grandi aziende, non solo docente appassionato. Era un uomo entusiasta, empatico, capace di trascinare. La fotografia e la videocamera erano i suoi strumenti, ma la sua arte stava altrove: nel modo in cui sapeva raccontare le persone.

Ha lavorato per i grandi canali nazionali, poi ha fondato Nea Eikona, dedicandosi ai video per il mondo dell’hotellerie, del food e del beverage. Ma più di tutto amava insegnare. Chi lo ha avuto come docente ricorda la creatività, la “testa matta” (non solo per i tanti riccioli), l’affidabilità, certo, ma soprattutto l’empatia autentica. Non c’era presunzione nei suoi insegnamenti, solo passione.

Un suo allievo lo ha descritto così: “Trasmetteva competenza senza far pesare nulla, con naturalezza. Ti restava addosso quello che diceva.”

Sul suo sito aveva scritto una frase che oggi sembra un testamento:

Nella vita accadono cose sorprendentemente imprevedibili.
Diventano fonte di rinnovamento, occasione per cambiare prospettiva.
Inizialmente può essere persino spaventoso,
ma in questo caso specifico è assolutamente entusiasmante.

Poi la frattura. Un controllo al cuore al mattino, tutto perfetto. Poche ore dopo, il cuore non batte più. Arresto cardiaco. La rabbia non l’ha mai lasciata, ma Giulia cerca di trasformarla in energia per andare avanti. “Sto imparando a delegare, anche se non è nelle mie corde. Non rinvio le cose fondamentali, ma ho imparato a rinviare i piccoli doveri per godermi il presente con Vittorio o con chi amo.”

La vita di prima si è spaccata. Restava il dopo. E in quel dopo Giulia ha scelto il viaggio. L’anno dopo Svizzera, Norvegia, Londra, Egitto, Minorca. Poi Giappone, Spagna, Francia, oltre a tante tappe in Italia da nord a sud. Non solo mete lontane, ma anche piccoli spostamenti, tutti fondamentali. “Viaggiare mi salva. Vittorio sta diventando un compagno di viaggio piacevole e stimolante. Scopro il mondo con lui e lui con me.”

Non è stato facile. La notte, soprattutto all’inizio, era il momento peggiore. Quando tutto si fermava, i pensieri correvano e i fantasmi della vita precedente aleggiavano. Malgrado la stanchezza indescrivibile la facesse crollare, ogni risveglio – e ce n’erano tanti in una sola notte – le ricordava che Enrico non era più con loro. “I nonni, mia madre, mio padre e mio suocero, sono stati meravigliosi. E anche gli amici: chi ci ha accolto per una cena, una vacanza, una notte. Sono stati fondamentali per non lasciarmi sola proprio in quei momenti in cui sembrava impossibile resistere.”

Le cose che aiutano? Oltre al viaggiare: la bellezza in senso lato, il teatro, il cinema (soprattutto quelli di periferia), cucinare con Vittorio, camminare in campagna con Gilda, ballare (anche da sola). E poi coccolarsi: un buon gin tonic in una bella situazione, un paio di tacchi, un taglio di capelli, cioccolato, pane buono. La casa in ordine. Un audiolibro. Un oggetto comprato ad un mercatino scelto per ritoccare un angolo di casa. Coccolare il figlio e coccolare il cane. Piccole cose, ma decisive per restare in piedi.

Una delle mie salvezze è stata la rete sociale. Amici diversi tra loro, per età, interessi, estrazione sociale, ciascuno con un ruolo speciale. “Il dolore stravolge, ma alla fine impari che non puoi contare sugli altri per rimettere insieme i pezzi. Tocca a te. Eppure senza la rete, senza i nonni, senza le persone che hanno saputo esserci davvero, non so se ce l’avrei fatta.”

Oggi Giulia e Vittorio hanno trovato un passo condiviso. Non equilibrio, ma cammino. La mancanza di Enrico è viva, ma è abitata. La sua eredità più grande è un amore che continua.

Il 14 luglio, tre anni, sei mesi e ventitré giorni dopo la morte di Enrico, Giulia ha scritto sulla sua pagina Facebook:

“Un dolore atroce, che sento ancora tutto.
Sono caduta in fondo a un buco nero — e con me, nostro figlio.
Sono ricaduta tante volte e forse cadrò ancora.
Ma ogni volta mi sono rialzata. Sempre.
E con me, Vittorio.
Oggi sento che quella ferita si sta trasformando.
Non si chiude, ma sta diventando una radice, la più grossa del mio albero.
Ci tiene saldi. Ci tiene vivi.
È da lì che stiamo vivendo un’altra vita.
Dopo eventi così, si resta più nudi.
Più vulnerabili, ma anche più veri e autentici.
E si impara a distinguere con chiarezza chi è buono, e chi no.
Chi ti resta accanto, e chi si allontana.
Malgrado tutto, sento di essere radicata.
Nel dolore, nell’amore, nella vita.
Una forza che Enrico ha sempre visto in me — e che è lì, tutt’ora.
Ferma. Presente. Vera.

“Ci sono solo due lasciti inesauribili che dobbiamo sperare di trasmettere ai nostri figli: ali e radici.”

(Harding Carter)

Non rinvio le cose fondamentali, ma ho imparato a rinviare i piccoli doveri per godermi il presente con Vittorio o con chi amo.

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