Giulia e Beatrice: “Un fiore non è mai solo un fiore”

Due fioraie, una fiorentina di nascita e l’altra d’adozione, che hanno trasformato un negozio storico in un luogo di gesti gentili.

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Chi entra da La Fioraia Floricanto non trova soltanto un negozio di fiori. Trova due donne, Giulia e Beatrice, che hanno scelto di fare del loro mestiere un intreccio di passione, sacrificio e storie quotidiane. Capita spesso che un mazzo diventi molto più di un mazzo. Come quel giorno in cui un ragazzo, mai visto prima, ordinò delle rose senza indicare a chi consegnarle: “Decidete voi chi ne ha più bisogno”. Rimaste spiazzate, decisero di lasciare i fiori fuori dal negozio con un cartello. Da quel gesto inatteso è nato il “mazzo sospeso”: clienti che pagano e lasciano composizioni destinate a sconosciuti, per il solo gusto di compiere un atto di gentilezza. Una tradizione che continua ancora oggi, alimentata dall’anonimato e dall’empatia.

Gli aneddoti si rincorrono e hanno il sapore delle emozioni più semplici. Un giovane innamorato che per settimane ha corteggiato una ragazza restando anonimo, affidandosi a loro come complici. Chi, per farsi perdonare, ha commissionato un mazzo enorme salvo poi tornare a ringraziare: “Ha funzionato, grazie”. O ancora la signora che passa ogni sabato mattina, spende pochi euro ma non rinuncia mai a un fiore fresco: “Perché in casa cambia l’umore”. Non mancano i momenti difficili, quando si preparano composizioni per chi non c’è più. “In quei casi capisci che non stai vendendo un prodotto, ma stai accompagnando qualcuno in un passaggio importante. È diverso, ed è quello che dà senso a quello che facciamo.”

Giulia è romana, fiorentina d’adozione. “A Roma non era lo stesso. Qui ho trovato più sensibilità e possibilità. Firenze è una piazza migliore per i fiori.” Beatrice è fiorentina di nascita, ma lavorava in cucina, lontana dai fiori. Poi amicizie comuni, la nascita dei figli e la necessità di un aiuto hanno intrecciato i loro percorsi. Da quel momento non si sono più separate. A gennaio 2023 hanno rilevato uno storico negozio di Campo di Marte, attivo fin dal dopoguerra. “Abbiamo scelto di mantenere parte del nome, per non recidere la storia del luogo, aggiungendo il nostro tocco e la nostra idea di fiori.”

Il loro approccio è chiaro: niente convenzioni. “La classica rosa rossa ce l’abbiamo, come il pane dal fornaio, ma non è il nostro fiore preferito. Ci piacciono varietà particolari, colori insoliti, fiori locali e sostenibili. Una peonia venduta a dicembre sarà anche scenografica, ma non è sostenibile né di qualità. Educare il cliente a scegliere diversamente è una parte importante del nostro lavoro.” Questa ricerca continua è frutto anche del rapporto con i fornitori: “Ormai sanno cosa ci piace, sanno che preferiamo quello che è raro, mai banale. È un dialogo quotidiano che fa parte del mestiere.”

La quotidianità, però, non è semplice. “È come avere un figlio. I fiori sono vivi, vanno curati ogni giorno. Non c’è Natale, non c’è domenica. Il sacrificio di tempo per le nostre famiglie è enorme. Ma lo facciamo perché lo amiamo, altrimenti non sarebbe possibile.” La ricompensa arriva nei dettagli: il cliente che torna, la telefonata di ringraziamento, la signora che con cinque euro compra un fiore ma trova il coraggio di sorridere. “Alla fine è questo che resta, non l’incasso.”

E poi c’è Firenze. “Il fiorentino può sembrare chiuso, polemico, poco sorridente. Ma ha una sensibilità unica per il bello. Forse è per questo che in città ci sono così tante fioraie: non è un caso. Con un po’ più di gentilezza potremmo davvero essere un luogo felice dove vivere e lavorare.”

Alla fine, per Giulia e Beatrice, tutto si riduce a una convinzione semplice: “Un fiore non è mai solo un fiore. È un gesto, un ricordo, un’emozione. Se fatto con cura, resta. Proprio come Firenze, che a volte ti fa penare ma alla fine ti conquista per sempre.”

I fiori sono vivi, vanno curati ogni giorno. Non c’è Natale, non c’è domenica. Il sacrificio di tempo per le nostre famiglie è enorme.

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