Valentina Borgogni ha imparato presto che la vita può spezzarsi in un attimo. È cresciuta in una famiglia divisa, con una separazione difficile alle spalle, ma sempre circondata dall’amore dei genitori e dei nonni. Poi, a ventidue anni, il colpo che cambia tutto: la morte del fratello Gabriele, diciannove anni appena, in un incidente stradale causato da un automobilista ubriaco.
“In un secondo non c’era più. Io ho capito che dovevo diventare il punto fermo della mia famiglia. Non potevo permettere che tutto crollasse.”
Da quel dolore nasce l’Associazione Gabriele Borgogni, che negli anni si trasforma da cerchia di amici a realtà nazionale. In vent’anni ha coinvolto scuole, università, famiglie e istituzioni, offrendo sostegno psicologico e diffondendo cultura della sicurezza stradale. “All’inizio era solo un modo per non dimenticarlo. Oggi siamo una comunità di centinaia di persone. Non è più solo l’associazione di mio fratello: è la voce di tutte le vittime della strada.”
Ma accanto all’impegno civile, Valentina non rinuncia al futuro. Nel 2005, insieme a un gruppo di amici, apre ’O Munaciello a Firenze. Un’idea nata quasi per scherzo, tra la voglia di ricreare un angolo di Napoli e il desiderio di stare insieme. “All’inizio eravamo solo ragazzi. I fiorentini guardavano con diffidenza la pizza napoletana, troppo alta per i loro gusti. Ma ci abbiamo creduto. Portavamo gruppi di giovani e piano piano sono arrivate anche le famiglie.” Vent’anni dopo, il locale è ancora lì, trasformato e cresciuto insieme alla città. “È la base di tutto, il cuore che non si spegne.”
Ed è proprio dai dipendenti del Munaciello che arriva la spinta per il salto. Per la laurea le regalano un biglietto aereo con una frase che diventa un destino: “Vai e conquista gli Stati Uniti.” Valentina parte da sola, attraversa New York, scende fino a Miami, e torna con una convinzione. “Tutti pensavano scherzassi. Io invece sapevo che quella sarebbe stata la strada.”
Nel 2017 inaugura il primo Munaciello a Miami. I primi anni sono durissimi: tradurre la pizza napoletana in una città dal gusto sudamericano sembra impossibile. Ma lei non molla. “Ogni sfida, dalle più semplici alle più impossibili, la prendo sul serio. E alla fine sono arrivati i riconoscimenti, i premi, persino il titolo di campione del mondo a Las Vegas.” Oggi i locali americani sono due, e tra poco diventeranno tre.
Poi la pandemia. Firenze si ferma, il ristorante di cinquecento metri quadri resta chiuso per mesi, i costi si fanno insostenibili. A Miami, invece, l’offerta esplode. “Ci sono stati momenti di sconforto, ma Firenze non la chiuderò mai. È l’anima del progetto, la radice di tutto.”
Con la sua città il rapporto resta viscerale e complicato. Orgoglio e malinconia. “Abbiamo un patrimonio unico, ma lo stiamo svendendo. I negozi storici chiudono, arrivano locali tutti uguali, e il turismo mordi e fuggi svuota la qualità. Io continuo a parlare bene di Firenze, ma non possiamo accettare certe scene davanti alle nostre meraviglie.”
E in tutto questo, c’è sempre Gabriele. “All’inizio ero arrabbiata con la vita. Poi quella rabbia ha lasciato spazio al sorriso. Tantissimi mi dicono che sorrido come lui. È come se la sua luce vivesse ancora in me.”
Il futuro lo immagina con la stessa ostinazione di sempre. Nuove aperture, nuovi progetti, nuovi viaggi. Ma anche un desiderio semplice e profondo. “Vorrei portare la nostra italianità in più parti possibili. Ma soprattutto voglio continuare a sorridere, e fare del bene con quel sorriso. Perché quel sorriso non è solo mio: è il sorriso di mio fratello.”
Vorrei portare la nostra italianità in più parti possibili. Ma soprattutto voglio continuare a sorridere, e fare del bene con quel sorriso. Perché quel sorriso non è solo mio: è il sorriso di mio fratello.